11 novembre 2008

I Tanti Nomi Della Mafia

Camorra, Cosa Nostra, Mafia Russa, oppure El cartel de Juarez, El Cartel de Sinaloa, la Familia, the Chicago Outfit, sono soltanto alcune delle organizzazioni criminali in tutto il mondo. Controllano le merci illegali, le droghe, le armi, l’abbligliamento, prostituzione, e in alcuni paesi come in Messico e in Italia, i venditori ed i proprietari dei negozi devono pagare loro una tassa per poter lavorare.
Il nome con cui si conoscono le organizzazioni mafiose possono cambiare, o venire dai tempi lontani, come il medio evo, l’800, non importa: l’elemento che mette in relazione queste organizzazioni è il denaro. Guadagnare il più possibile con gli affari.
Ma cos’altro possiamo aspettare da queste organizzazioni criminali, quando è lo stesso sistema economico e sociale che gli ha dato vita? In un sistema economico globalizzato, esiste un solo modello sociale da seguire, imposto dalla prima potenza economica-militare (USA): quello che conta, è il successo economico e nient’ altro.
Avere è diventato il verbo piu’ importante in tutte le lingue del mondo, (quelle che seguono il sistema occidentale, anzi che sono sottomessi al potere occidentale). Avere la macchina, la casa, il cellulare, ecc. Non voglio dire che sarebbe meglio non averle, ma bisognerebbe essere consapevoli che sono soltanto delle cose e che in nessun senso dobbiamo esserne tanto attaccati. Non dovremmo pensare che sono cose che ci rendono superiori.
Visto che il sistema regnante ci spinge a desiderare, a fare nostro il suo pensiero, avere soldi per diventare migliori, superiori, sentirsi realizzati, noi vogliamo raggiungere questo desiderio il più presto possibile. Vogliamo godere la vita quando siamo ancora giovani. C’è chi sceglie la via rapida: quella dei mafiosi.
I mafiosi, da dove vengo, sono modelli da seguire, sono famosi. I corridos sono un genere musicale tra i più ascoltati non solo dai giovani ma anche dagli adulti. Però poi succede una cosa curiosa: la gente vuole diventare uguale agli stessi narcos raccontati nei versi, poi quando sono loro preda, si rendono conto del contenuto nascosto dietro la forma musicale. Successivamente, quando la rabbia è passata, tornano ad ascoltare i corridos. La cosa peggiore è che non se ne rendono neanche conto che le persone che li rapiscono e che li ammazzano sono gli stessi narcos che ascoltano ad alto volume.
Voglio dire che per me c’è soltanto un’uscita, anche se purtroppo non sono in grado di garantire che risolverà le cose in tutti i sensi: la legalizzazione delle droghe. Sarebbe meglio che i consumatori vadano a comprare le droghe nei posti specializzati, invece che dagli spacciatori, completamente sottomessi allo sporco volere dei grandi narcotrafficanti. Purtroppo non si sa bene come finirebbe tutto ciò, giacché questo è un problema mondiale, di cui si dovrebbe discutere molto.

Dopo aver letto Gomorra di Roberto Saviano, grazie al quale conosco un po’ di più come stanno le cose in Italia, sono in grado di dire che ancora ci sono degli uomini per cui l’amore per il prossimo è molto più grande della stessa paura di morire per aver detto la verità, per aver scoperto la merda che calpestiamo ogni giorno. La camorra è dell’Italia, pero’ in Messico succedono cose simili. Possiamo soltanto cambiare i nomi dei posti e dei personaggi.
Saviano ora vuole andare via dalla Italia: non possiamo giudircarlo, avere paura è una cosa umana. Dopo quello che ci ha fatto sapere lui rischia la vita. Uno come lui vivrà per sempre, grazie al suo coraggio. “Fate sentire ogni ingiustizia come propria”, diceva Ernesto Guevara. Questo l’ha fatto Saviano. Lui e’ un guerrillero.
Il narcotrafico, in ogni paese, con qualunque nome si conosca, è un problema mondiale, economico e sociale, e bisognerebbe cambiare in tutti questi campi, anzi, dentro di noi, non per dire basta, ma per dire, c’era una volta...

Articolo scritto da Cesar Villeda, Zacapu 2008.


1 commento:

  1. « Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente! »
    Tratto da "I cento passi"

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