10 settembre 2008

LA VOZ DE LOS CUBANOS


Questa non vuole essere un’analisi sulla situazione di Cuba, ne’ un articolo pro o contro la sua politica. Riporterò semplicemente e integralmente le parole di alcuni cubani che ho avuto il piacere di conoscere e con cui ho parlato più a lungo, tra un bicchiere di rón e una partita a domino, durante la mia breve permanenza nell’isola.
Come leggerete, le opinioni dei cubani sono molto contrastanti e portano alla luce tutte quelle contraddizioni osservabili e tangibili appena si varcano le soglie dell’aeroporto internazionale José Martí dell’Habana. Alcuni fatti raccontati da alcuni cubani sono stati comprovati, mentre altri non hanno basi ne’ storiche ne’ logiche. Tra parentesi riporterò commenti, delucidazioni e le domande che mi sono venute in mente mentre ascoltavo...e vi assicuro che davanti a un cubano che parla non si può che ascoltare, visto tutto quello che ha da dire.

JESUS

Lo conosciamo lungo il Malecón (lungomare) de L’Havana. Si avvicina con l’aria curiosa e furba come uno che sembra scrutare, tra la mia barba e i pantaloni verdi sudici, una mazzetta di dollari..non c’è proprio andato lontano: con me ho lo stipendio medio mensile di un cubano, ovvero 15 pesos convertibles (CUC, dal valore uguale al dollaro). Cinque di questi “dollari” li avevo cambiati poco prima in pesos cubani, ricevendo 120 pesos cubani, equivalenti a 120 caffè di una qualunque cafeteria (attenzione, non quelle turistiche!).
Comunque sia, sempre con cautela, accetto la sua proposta di camminare insieme per il Centro Habana, facendogli però capire che con noi non ci sarà grande possibilità di negocio... Per comprendere la mia attitudine, dovete sapere che molte persone, prima del viaggio, mi avevano messo in allerta dai jineteros, ovvero i moltissimi giovani che, soprattutto nella capitale, vanno a caccia di turisti sperando di ricavare qualche dollaro vendendo prodotti in sovrapprezzo, o intascando le commissioni dei cari e turistici ristoranti dove riescono a portare l’ignaro viaggiatore. Quindi l’idea è: mi fa molto piacere conoscerti e passare del tempo con te, ma non m’inc....
Tornando a Jesus, ancora non ben identificato dal punto di vista della buona o mala intenzionalità, racconta che ha 30 anni, una sorella di 42 e un nipotino con problemi alla salute; non ha fatto l’università e sta cercando lavoro. Dice che non è difficile trovare lavoro, lui ne ha fatti tanti..il problema è che si guadagna troppo poco e che per arrivare alla fine del mese deve fare dei lavori extra (ancora non specificati).
Ci porta nel callejón de Hamel, una pittoresca stradina dedicata agli dei animisti afro-cubani, con dipinti tribali sulle alte pareti e tanti piccoli altari. Un gruppo di bambini prende lezioni di boxe e judo.
Seduti su una vasca da bagno adibita a panchina, mi dice che all’Habana non esiste criminalità, che uno può uscire in qualunque quartiere e a qualunque ora del giorno e della notte senza timore di essere assaltato. Lo informo che in Messico è un po’ diverso... Poi, curiosamente, mi mette in guardia dai neri: “attento, non fidarti dei neri. Quelli sono dei ladri dentro...”. Sospetto un po’ di razzismo da parte sua.
Tra una chiacchiera e l’altra, ha lo sguardo perso davanti a sé... non si capisce se pensa troppo al futuro o troppo al passato. Dice qualcosa, guardandoti fisso negli occhi, poi, appena le labbra si chiudono, un sorriso, e lo sguardo di nuovo verso l’infinito..fin quando non ci chiede se vogliamo cenare con lui. E’ tutto il pomeriggio che stiamo insieme, la fiducia aumenta gradualmente. D’istinto si vede che è un ragazzo tranquillo e che vuole conoscere qualcosa di ciò che c’è “fuori”, perciò accetto.
Ci porta a casa sua, proprio dietro al callejón, in un vecchio e decadente solar (vecchie case coloniali spagnole divise in appartamenti minuscoli): il bianco delle pareti ormai solo s’intravede, 2 brande, un televisore, 3 sedie, un frigo e un bagno composto da un water e 2 taniche piene d’acqua .
Si vanta della sua capacità di cucinare bene e in fretta, e ce ne dà una dimostrazione: in 20 minuti prepara un pollo fritto con patate fritte e riso con fagioli e nel mentre si fa pure una doccia! La cosa che mi lascia allibito è che per offrirci la cena svuota completamente il frigo e finisce l’ultima razione della canasta (la razione mensile che il governo da a tutti i cubani, lavoratori e non, composta da molte varietà di prodotti, tra i quali riso, sale, zucchero, olio, pollo, arance, pomodori, pesce, dentifricio ecc..).
Dice che però la canasta non è sufficiente a sfamare un cubano per un mese, per cui la gente lavora per comprarsi quantità di cibo “extra”, ma se non altro nessuno muore di fame.
Verso le 9, dopo aver fatto un po’ di zapping tra i 4 canali cubani (uno educativo, uno politico, uno sportivo e uno di film e telenovelas messicane e brasiliane), compro una bottiglia di rum Havana Club Añejo Blanco (4 dollari), cocacola (marca TuCola) e andiamo a farci un Cuba Libre (nato nel 1898 nel rango degli indipendentisti, quindi non c’entra nulla con la Revolución) sul lungo muretto del Malecón, luogo di vita notturna per ogni cubano.
E’ qui che Jesus, aiutato anche dall’ottimo cocktail, ci svela i suoi pensieri e la sua vera vita:

Non avendo fatto l’università, perché, come lui stesso ammette, non ha voglia di studiare, si guadagna qualcosa jinetereando! Ci racconta il meccanismo: lui ogni tanto, soprattutto in alta stagione, si mette sul Malecón e aspetta qualche turista spaesato, magari appena arrivato a Cuba, e lì comincia l’arte. Indaga su cosa vuole il turista e in base a questo cerca di farci qualche dollaro: il viandante vuole del rum? Bene, lui lo porta in un negozio dove il venditore è un socio che vende al turista del rum a 2 dollari in più, la metà dei quali va allo stesso Jesus. Il turista vuole cenare? Ecco il ristorantino bello pronto, con tanto di banda salsa e “atmosfera cubana”, ed ecco i 5 dollari di commissione. Un albergo? Sigari cubani? Per qualunque cosa, Jesus mette in movimento la sua rete e la sua esperienza, e riesce a “fregare” qualche banconota, ma mai, ci tiene a sottolinearlo, rubando o assaltando le persone.
Addirittura ci dice che conosce e ha lavorato insieme ad alcune Jineteras, ovvero giovani e belle ragazze per lo più mulatte che cercano di procurarsi, con il proprio corpo e sorriso, i dollari con cui tirare avanti insieme alla famiglia o per comprarsi dei jeans di marca; la maggior parte di esse, però, e ne abbiamo conosciute alcune, non lo fanno necessariamente a pagamento, ma per accedere a beni di consumo inaccessibili ai cubani e per farsi offrire una bella serata gratis...Insomma, niente a che vedere con lo spietato sfruttamento della prostituzione presente nell’isola con Batista o in quasi tutti gli altri paesi del mondo, se non addirittura tutti.
Ovviamente partono le infamate amichevoli a Jesus, che se la ride ma che con quegli occhi furbeschi e divertiti mi comunica: “vorrei vedere te qui, faresti lo stesso!”..
Continua a parlare: ha molto successo con le donne, “non so perché”, dice grattandosi la pancia. E’ stato con una messicana, una cilena, una costaricana...ma il vero problema, continua, sono le ragazze cubane, che sì, sono le più belle del mondo, ma che inseguono solo il turista, sperando di farsi portar via dall’isola.
Ci racconta che ha un po’ di paura che la polizia ci veda con lui perché 1. questa è incaricata di controllare che i jineteros non truffino i turisti e 2. Fidel non vuole che il cubano sappia com’è il mondo “fuori” (sebbene lo vedano in televisione e con internet, che i cubani possono utilizzare all’alto costo di una birra all’ora). Quale delle due ragioni sia la principale forza motrice di questa leggenda non si sa (prima l’uovo o la gallina?)... fatto sta che nessun cubano, tranne i jineteros ovviamente, ha paura di farsi vedere con un turista e nessun poliziotto ci ha mai redarguito per il semplice fatto di parlare con un cubano.
Poi viene la politica: Jesus è anticastrista convinto. Dice che Casto è un vecchietto senza più testa che ruba tutti i soldi che dovrebbero essere destinati al pueblo e che, per questo, alimenta a dismisura il mercato nero, soprattutto per tutti quei prodotti che vengono venduti in dollari, troppo costosi per un cubano.
Infine l’embargo: c’informa che sono solo 3 le marche multinazionali che arrivano a Cuba, tra cui l’immancabile Nestlé (incredibile ma vero!per la strada si vedono molti baracchini dove vendono gelati nestlé, un cornetto a un dollaro).
Ci salutiamo verso le 3 di notte e ci chiede di chiamarlo quando fossimo tornati a l’Havana dopo il giro nell’occidente dell’isola. Gli prometto che sì, lo avremmo chiamato.
Lo rivediamo dopo 10 giorni, andiamo a sentire un concerto di musica Metal nel Malecón, in occasione della festa della gioventù. Gli regaliamo un kit con rasoio, dopobarba ecc, “così mi farò bello con le mie ragazze”, dice, e una bottiglia di plastica da 2 litri piena di rum. Non gli regalo banconote, un po’ me ne pento, ma non so come l’avrebbe presa e preferisco, visto il buon rapporto che abbiamo con lui, regalargli oggetti che possano servirgli. Ci salutiamo con la promessa che lo chiamerò dal Messico e che mi terrà informato, tramite mail (a dimostrazione del fatto che i cubani usano internet), dei suoi lavori, legali e non!

AMEL E BOLA

O meglio, David e Giovanni.
Il mulatto Amel studia all’Università di socio-cultura, il sabato. Per chi lavora da lunedì a venerdì i corsi universitari sono solo il sabato, tutto il giorno. Gli piace la salsa, il jazz, il rock e la musica classica. Vorrebbe conoscere tutte le culture cubane, viaggiare lungo la stessa isola e alfabetizzare all’estero le comunità che non hanno la possibilità di studiare neanche la loro stessa lingua. Ha già un lavoro perché, come dice lui stesso, “chiunque studi all’università ancor prima di finirla ha già un lavoro”.
Definisce la politica una “cochinata” (un maialaio) e secondo lui i poliziotti non vogliono che i cubani parlino con i turisti per tutelare i turisti stessi dai “jineteros” (ancora una volta la domanda cruciale: qual è la vera ragione di questo?)
Bola, nero rasta, studia informatica ed è amante dell’hip-hop e del jazz, oltre che delle percussioni, che suona in un gruppo. Passa le ore in internet, che per uno studente d’informatica, ovviamente, è gratis. Scarica musica, informazioni sui gruppi e sugli altri paesi che non invidia in modo particolare, anzi: “chi ha il privilegio di poter studiare ed essere curato gratis?” dice.
Per questo entrambi sono grandi estimatori di Fidel, il Che, José Martí e Camilo Cienfuegos. Dicono che Fidel sia il più grande statista della storia e che ogni volta che compare in televisione non possono fare a meno di rimanere attaccati allo schermo, vista la sua grande capacità di parlare di cose complesse in maniera ironica e di facile comprensione per chiunque.
Non riporterò altri dialoghi di cubani, sebbene ce ne siano molti da trascrivere. In linea di massima ho notato una precisa distribuzione tra chi è pro e contro a Fidel... Continua in “Riflessioni su Cuba”

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