04 settembre 2008

EL MURO DE LA VERGUENZA

E’ il 9 novembre 1989, dopo 27 anni di guerra fredda, viene abbattuto, sotto gli occhi di tutti, lo Shandmauer, il muro della vergogna, così chiamato dai berlinesi e dallo stesso John F. Kennedy, durante il suo discorso annuale il 14 gennaio del 1963 di fronte al Congresso degli Stati Uniti. Nessuno, però, si sarebbe mai immaginato che dall’altra parte del mondo, nello stesso momento in cui milioni di mattoni si accumulavano sul suolo tedesco, altrettanti cominciavano ad essere fabbricati. Un numero sufficiente per costruire una delle più annichilenti muraglie della storia, quella lungo la frontiera tra USA e Messico.
Ogni parallelismo tra queste due “vergogne” è quasi scontato, e mi perdoneranno se non mi soffermo su un altro muro, quello in Cisgiordania, il cui contributo, però, ci aiuta a completare quella che potrebbe essere la Trilogia della Vergogna.
Veniamo ai fatti: il 30 settembre 2006 il Senato statunitense ha approvato (80 voti contro 19) il progetto di legge che definisce le modalità di costruzione di un doppio muro, con tanto di illuminazione notturna e sensori di movimento che, secondo gli esimi senatori, avrà la funzione di bloccare l’afflusso di messicani lungo 1126 km di terra desertica da Tijuana fino al El Paso, da Ciudad Acuña fino al golfo del Messico. Saranno risparmiati solo quegli 800 km di frontiera dove, a fare lo stesso “lavoro sporco” del futuro muro, c’è già una barriera naturale, il Rio Bravo, che da sempre decide le sorti di quegli emigranti in cerca di speranza, molti dei quali, nel tentativo di attraversarlo, anziché diventare “immigrati clandestini” si convertono in agghiaccianti statistiche: la stima dei morti nel 2005 ammonta a 460, cifra che batte il record dei record, 360 nel 2000.
Davvero credono che un messicano che decide di rischiare la sua vita, per salvare quella della sua famiglia, dopo essersi fatto i 2000 km che separano il Chiapas dal dollaro, rimbalzi su un muro alto 6 metri e torni indietro?
Qual è la realtà che i ciechi potenti statunitensi non riescono a vedere o che, peggio, insabbiano?
Una ed una sola: El muro de la vergüenza non diminuirà le entrate illegali, bensì spingerà la gente verso aree più inospitali, contribuendo non ad un abbassamento del numero d’immigrati ma ad un vertiginoso aumento di coloro che perderanno la vita nel coraggioso tentativo di raggiungere la “terra della libertà” , nata e costruita grazie a quella maggioranza d’immigrati che ora si vedono costretti a imboccare la via più pericolosa.
Non è certo una novità che la memoria del politico statunitense riguardo alla sua storia sia assai breve, per cui non riesce a visualizzare la somiglianza tra l’odierna immigrazione dall’America latina e l’emigrazione europea che portò i suoi antenati nell’ “adesso suo e soltanto suo” paese. Probabilmente darà la grazia solo a quei messicani che dopo essere entrati negli Stati Uniti illegalmente si mettono a costruirgli edifici, autostrade, campi da golf e che da ora, essendo di gran lunga i lavoratori più “economici”, gli costruiranno anche il Muro.
Fortunatamente i messicani non si abbattono così facilmente: Eleazar, uno studente, afferma che non cambierà nulla, al massimo sarà più alta la “tassa” che dovrà pagare il coyote, cioè colui che conduce gli emigranti da una parte all’altra della frontiera, alla guardia di frontiera di turno. Secondo il professor Cervantes, insegnante di comunicazione di massa, il progetto non verrà mai concluso. Acceso da vecchi e nuovi rancori è un anziano tassista di Morelia: “piuttosto che darla vinta ai gringos e non dare un futuro migliore ai miei figli, affogherei nel Rio Bravo”.
Sta di fatto che la creazione di una nuova barriera, cementizia e psicologica, è stata approvata e firmata. Nuovi mattoni cercano di seppellire la speranza di chi, questi mattoni, cercherà di abbatterli, con tutte le sue forze, anche a costo di rimanerne schiacciato .
El muro, lo Shandmauer, il muro in Cisgiordania, le navi di profughi che, sul punto di affondare, vengono abbandonate al loro destino, lungo le coste del nostro sud... Non c’è parallelismo che tenga poiché ancora una volta, grazie all’ennesima scempiaggine, viene dimostrata la CIRCOLARITA’ della storia, come un vortice che spinge l’uomo a ricommettere gli stessi errori, fino a risucchiarlo. Come un uragano, il cui fronte spazza via chiunque provi solo a lambirne la superficie ed il cui occhio, al centro, vede la presenza di quei politici che, impassibili e senza vergogna, rifiutano di occuparsi delle catastrofi che li avvolgono, perché per lavarsene le mani e sentirsi sani e salvi, basta costruire un muro.

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